domenica 15 gennaio 2012

Flop 10 2011

... Ci è voluto più tempo del previsto!
Il 2011 è stato un anno ricco di letture davvero favolose, ma ahimè, soprattutto nella sua prima parte (diciamo fino a Luglio-Agosto) è stato anche un anno di letture abbondantemente casuali. E' stato in un anno in cui mi capitava d'andar al Libraccio, la Domenica, e di prender su tre o quattro libri per la settimana... scegliendoli magari per l'immagine di copertina, o per il riassunto in quarta d'essa (e, credetemi, sono due metri di giudizio ugualmente insulsi). Il risultato è stata la lettura d'opere anche interessanti (vedi Turow, vedi Benchley, vedi soprattutto Finney) che altrimenti non avrei mai letto... ma ha portato anche a tutta una serie d'acquisti sbagliati e di letture sofferte. C'erano poi opere che magari m'avevan suggerito in molti, che magari mi risultavan addirittura imposte per esami universitari, e che decisamente non sono state all'altezza del proprio hype.
Insomma, quella che segue è la classifica delle 10 opere che più m'hanno fatto storcere il naso quest'anno: opere o brutte, o semplicemente deludenti, o pallose, o magari stupide. Ci troverete anche roba da Canone Occidentale, eh, quindi non spaventatevi troppo, ricordatevi che non è un giudizio assoluto e che comunque è un giudizio personale.
E di quello che penso io, a voi (e lo dico con sincero dubbio e non con spocchia), perchè mai dovrebbe importar qualcosa?
Flop 10!

 
 [cliccare sul titolo del libro per leggerne la mia recensione]

10 - Dmitry Glukhovsky, Metro 2033
Ho desiderato per molti mesi d'addentrarmi nei meandri della metropolitana moscovita post-nucleare, ma a bloccarmi per tanto tempo hanno contribuito due fattori. Inanzitutto il prezzo di questa bara (che ho infatti "acquistato" un bel giorno d'Estate in cui mia sorella era in vena di farmi regali); in secondo il luogo, il fatto che come lettore sono sempre intimidito dai colossi. Inizio un libro lungo (dalle 550-600 pagine in sù) solo quando sono abbastanza sicuro della sua effettiva validità. E faccio bene!, come mi confermano esperienze pessime quali Metro 2033.
Ma cercate di capirmi: le premesse c'erano tutte! Un'ambientazione davvero fascinosa (molto complessa, molto vivace), un clima da survival post-nucleare altamente intrippante e, beh... ok, forse non c'erano proprio tutte tutte tutte.
Quali che fossero, sono state tradite. Il libro è dozzinale ed infantile, l'ambientazione è molto bella (un pò pasticciata) ma sfruttata poco e male e la storia è il trionfo della casualità narrativa e della banalità finale. Se mi soffermassi a ripensar ancora un pò a quest'opera, probabilmente salirebbe in classifica.

9 - Giorgio Celli, Costanza Savini, Morte nei Boschi
Io non è che sia un grande zoofilo, ma - devo ammetterlo - per certi animali ho un vero debole: principalmente dinosauri, squali - e lupi. E questo romanzo ha in copertina un bellissimo lupo.
Sono poi anche un'appassionato "della domenica" di criptozoologia, la dottrina che studia quelle creature che la scienza comune considera inesistenti ma che... vabbè, la scienza che studia i mostri. Vi prego, non smettete di leggere: non sono pazzo e lo sò che (probabilmente...) non esistono. Questo libro, per inciso, parla d'uno dei criptidi più noti e studiati: la Bestia del Gevaudan, una misteriosa creatura ferina (per molti testimoni dell'epoca, un vero lupo feroce, forse mannaro) che sterminò frotte di contadinotte e bambini nella Francia del '700.
Peccato che di lupi, nel libro, non ce ne sia nemmeno uno (davvero: manco per scherzo!) e che l'interpretazione narrativa del fenomeno della bestia venga nettamente azzoppata da una trama non all'altezza, da un'atmosfera ipertetra che risulta in fondo ridicola e da una sostanziale bassezza stilistica.

8 - Edgar Allan Poe, Le Avventure di Gordon Pym
Ok ok ok, piano: i due libri precedenti e quello successivo sono su piani decisamente diversi da questo. Sì, lo scrivo per pararmi il qlo, ma anche perchè lo penso: a differenza delle opere citate, il Gordon Pym non è davvero brutto; è solo mortalmente noioso (a tratti) e frustrantemente inconcludente. Probabilmente, se la ricordo come un'esperienza non tanto bella, è stato per la delusione di scoprir che un'opera tanto apprezzata dal mio amico Lovecraft (che nei suoi saggi si spertica sul Gordon Pym, e che gli ha pure scritto un "seguito spirituale") sia, in fondo in fondo, un qualcosa di trascurabile.

7 - Michael Foster, I Guerrieri dell'Alba
"Che bello, il Libraccio mette in vendita un sacco di libri di Fantascienza Le Nord a 3 euro! Che spettacolo, ora faccio una scorpacciata! Guarda che belle copertine!
[...]
... mh... però degli autori non ne conosco proprio nessuno... e le storie non sembrano questa gran meraviglia... mah, magari ne prendo solo un paio...
[...]
No, proprio non ci riesco. L'unico che mi ispiri un minimo è questo qui. Cià, compriamolo".

... Se tutti i libri presenti quel giorno sono sul livello di quest'inutile tentativo di romanzo sull'eugenetica, allora mi sono salvato da un'investimento fallimentare.

6 - Ray Bradbury, Fahrenheit 451
Ci sono autori che non mi vanno a genio. Autori di cui ho letto diverse (non molte, ma diverse) opere e che riesco ad apprezzare soltanto in parte; e di cui, senz'altro, non mi spiego il successo internazionale. Per questa categoria potrei forse citare Conan Doyle, senz'altro citerei Franz Kafka, altrettanto sicuramente Ray Bradbury.
Laddove Le Cronache Marziane sono una raccolta di racconti solo a tratti valida, e in generale basata su ideali o incredibilmente naive - o semplicemente sbagliati, Fahrenheit è un romanzo distopico solo a tratti (mooolto brevi) effettivamente valido e intelligente, in cui, per tutto il resto dell'opera, si ha la sensazione di trovarsi davanti a un'improbabile paranoia personale - esaltata all'estremo. Nonostante l'originalissima idea di base e il toccante finale, non mi spiego in alcun modo l'eco che ha avuto e continua ad avere - e il paragone con distopie ben più sensate e coi piedi per terra quali i capolavori di Orwell, Huxley & co.


5 - Jack Kerouac, Sulla Strada
Per molti, un testo sacro; un simbolo di ribellione, anticonformismo e libertà.
Per me, la prova scritta che ribellione e anticonformismo non sono per forza belle cose e che la libertà, se vissuta nella sua forma più becera, perde tutto il suo fascino e valore.
All'epoca lo odiai dal profondo (e l'avrei senz'altro messo 2°), "a freddo" forse l'ho un pochino rivalutato - ma resta uno dei libri più insensati, noiosi e fastidiosi ch'io abbia mai letto. Ancora più seccante in considerazione dello spreco d'una prima parte decisamente valida e intrigante.

4 - Arthur Conan Doyle, Il Segno dei Quattro
Io e Conan Doyle non siamo grandi amici, ed è un peccato, per la sua importanza storico-culturale e per il sostanziale fascino che trasuda dalle sue opere... finchè le si osserva "da fuori". Se però con i racconti del Professor Challanger sono in fondo riuscito a divertirmi molto (Il Mondo Perduto in particolare è un ottimo esempio di romanzo completo), diversamente devo dir del ben più noto Sherlock Holmes. I due romanzi che ho letto sul Re degli investigatori sono entrambi piuttosto noiosi, eccessivamente macchinosi, non particolarmente brillanti e generalmente bruttini. Laddove però lo Studio in Rosso recuperava qualcosa grazie a un retroscena interessante, qui d'avvincente non c'è praticamente nulla.
Assolutamente al di sotto della media contemporanea del genere. Mi si dirà che è un paragone un pò bischero, dato che qui siamo proprio alla sua nascita - ma hey!, lo eravamo anche nella Rou Morgue, e lì mi sono divertito un sacco.

3 - Thomas More, Utopia
Spesso quando mi si chiede un giudizio su un libro, e io rispondo "beh, è un incredibile mattone", capita che la gente mi guardi stralunata rispondendomi "ma non è mica lungo! E' un libricino così!".
Essere un mattone non vuol mica dir esser grossi (anche perchè dovrebbe esser un'iperbole, e buona parte delle mattonelle non è mica grossa quanto, chessò, Infinite Jest); vuol dir essere pesanti. Vuol dir essere difficili da comprendere, esser scritti in modo da rallentar al massimo la lettura - e spesso queste caratteristiche s'associano a libri profondi e intelligenti - ma a volte... beh, no.
L'Utopia ne è l'esempio archetipico, libricino di neanche duecento pagine che richiede più impegno dei colossi tolstojani. E no, come avrete già capito, non lo considero un impegno ben speso.
A livello stilistico semplicemente improponibile (e di nuovo: no, non è una semplice questione d'età), a livello narrativo completamente insulsa, risulta invece interessante per le idee proposte - interessante, ma non valida e neanche troppo intelligente, almeno da qualche secolo a questa parte. Anzi, in questo, pure piuttosto allucinante.
Valore storico medio-alto, valore letterario infimo, oramai.

2 - Franz Kafka, Il Processo
Tutti i libri qui presenti (tranne quello che segue Il Processo) meritano il mio rispetto; lo meritano perchè sono storie (magari anche vissute) che senz'altro hanno fatto soffrire, patire e gioire i propri autori oltre ogni dire. Sono storie, e le storie in questo sono come le persone: salvo eccezioni (più rare di quanto si pensi), una storia può fare schifo - anche schifo marcio - ma c'è comunque in lei qualcosa di basilare, qualcosa di intrinseco, che la rende meritevole d'un briciolo di rispetto.
Il Processo però merita una particolare dose di quel rispetto perchè è palesemente un libro dalla fortissima carica personale, uno che, credo, abbia fatto soffrire e patire (gioire, non saprei) il suo autore davvero, davvero tanto. Il Processo è anche un libro scritto con uno stile che (per quanto allucinato) riesce a trasmettere una fortissima ansia claustrofobica; ed ha uno dei finali più belli che abbia mai letto.
Ahimè, per il resto è un fallimento. Non ha una vera trama, viaggia su una costante ambiguità tra plausibile, allegorico e onirico e - nel complesso - mi risulta quasi difficile considerarlo un libro vero, e il perchè è ovvio: non è finito! Quindi forse, e dico forse, parte di questo giudizio va non tanto al vecchio Kafka, quanto a chi si è detto "lui non voleva che venisse pubblicato... massì, si fotta! Mettiamo qualche nota qui e la e ricaviamoci qualcosa".


Eccoci giunti in fondo, eccoci giunti al nostro Lucifero. Spero che, se qualcuno ha in effetti letto questa classifica, nessuno se la sia presa per ciò che ho scritto (perchè sì, non bisognerebbe mai prendersela di fronte alle opinioni personali, ma a me capita spesso di mugugnar davanti ad alcune). Vorrei specificare che, per ognuna di queste opere, per tutte dalla prima all'ultima, da quella stupidaggine dozzinale dei Guerrieri dell'Alba a quell'improponibile mattone dell'Utopia, non - ripeto: non! - mi sono pentito d'averle lette. Perchè hey!, tutte le esperienze sono formative, e in fondo in fondo anche i brutti libri insegnano qualcosa (fosse soltanto: "Prima d'acquistare, pensa, idiota"). L'unica eccezione è il libro che segue, che non per niente - dei dieci - è l'unico che ho rivenduto.
Ringraziandovi per aver letto questa pappardella (sempre che esistiate, misteriosi lettori), vi lascio al numero

1 - Pietrangelo Buttafuoco, Le Uova del Drago
Magari mentre dormivo è cambiato qualcosa, ma - l'ultima volta che ho controllato - l'apologia di fascismo in Italia era reato.

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