domenica 19 febbraio 2012

Top 5 Gennaio 2012


Divertentissimo, brillante e anche alquanto profondo romanzo di fantascienza apocalittica connotato da un humor a tratti nero, a tratti più soft, ma sempre esilarante. Un pò ridondante nella sua parte centrale, recupera appieno in una conclusione non tanto spettacolare - quanto assolutamente toccante, e merita una citazione anche soltanto per l'incredibile e palese impatto che - al pari d'altre opere dell'autore - ha avuto sulla successiva immaginazione fantascientifica (e non).

Meraviglioso dramma in prosa, estremamente contenuto in tutto tranne che negli obiettivi, nel suo genere The Moon is Down è secondo solo a Of Mice and Men (e scusate se è poco) e presenta ciò che ben pochi libri con la sua ambientazione sanno avere.
Tedeschi cattivi e comunque plausibili.

Se Falling Man m'aveva un pò perplesso, se Cosmopolis mi aveva affascinato, se Underworld m'aveva travolto in tutti i sensi possibili, con White Noise posso effettivamente dire d'esser entrato in nell'orbita di DeLillo; Rumore Bianco è infatti un romanzo introspettivo, originale, asfissiante ma al contempo sempre piacevole e, nel complesso, un meraviglioso esempio di prosa psicologica. E' stato il primo libro letto quest'anno e solo l'eccezionale livello dei suoi concorrenti gli preclude posizioni più elevate.

White Noise è un capolavoro di prosa psicologica; questo è qualcosa di superiore. Forse per la sostanziale verità di buona parte di quanto detto, forse per uno stile che sarei ipocrita a non definir "perfetto", The Catcher è probabilmente il romanzo in prima persona più onesto, crudo (ma non per forza brutale) e sincero che io abbia mai letto; ed è comunque, splendidamente, un libro che si dimostra, sotto una crosta di indifferenza e spacconeria, incredibilmente bello e toccante.
Miglior protagonista di sempre? Forse sì.

C'è qualcosa di vagamente criminoso nel fatto ch'abbia aspettato così tanto per leggere questo romanzo. Il "titolo" che chiude la posizione precedente potrebbe tranquillamente vincerlo anche lei, anche Emma; poichè animatrice di questa meravigliosa biografia iperrealista, brutale in quel modo ottocentesco (che siamo sicuri sarebbe impossibile riprodurre anche oggi?) che risulta devastante ma non fastidioso, non disgustoo, che è lo spirito animatore del verismo e del naturalismo e di tutta-quella-letteratura-del-periodo e che è decisamente irresistibile. Per la sua prosa, la sua trama, il suo finale e il suo cast, questo romanzo potrebbe essere entrato in una mia ipotetica Top 10 assoluta.

domenica 5 febbraio 2012

Flop 3 Gennaio 2012

Gennaio è stato un mese facile. Per le classifiche, intendo: è stato davvero facile selezionare una Top 5, perchè pur avendo letto una discreta quantità di libri davvero belli, da essi sono emersi 5 capolavori che ammettevan davvero poche discussioni.
E' stato anche un mese facile per la Flop 3, poichè a differenza di Dicembre l'incredibile valore delle opere scelte non è riuscito a soverchiare il mio animo polemico, quella vocina dentro di me che di fronte a un opera insegnata in tutte le scuole del mondo Occidentale non resiste e afferma "sì ok però qui...".
Come sempre ricordando che non per forza i libri qua sotto non mi son piaciuti (in questo caso in realtà mi son piaciuti molto tutti, soprattutto il 1°), ma che piuttosto presentan determinati difetti o semplici motivi di delusione,
Flop 3!

[cliccare sul titolo dell'opera per leggerne la mia recensione su aNobii)

3) William Shakespeare, La Dodicesima Notte
... Ma solo perchè è Shake, e sono riuscito a dargli 4 stelle su aNobii.

2) Charles Dickens, Hard Times
Hard Times è un meraviglioso affresco storico spietato e imparziale, un documento il cui criterio tutti gli scrittori moderni (soprattutto in questo paese...) dovrebbero prendere a modello. Ahimè, la pura fiction è però azzoppata da un'eccessiva frammentarietà che non ci si aspetterebbe da un'opera da Canone Occidentale. La sua presenza qui non esclude la sua riconosciuta immortalità.

1) Novalis, Enrico di Ofterdingen
Opera meravigliosa e geniale, complessa e totalizzante, ambiziosa oltre ogni dire - e stroncata dal caso. Non è tanto la sua incompletezza ad affossare l'immortale Enrico (sarebbe stupido basarsi su quello), quanto che in questo primo frammento d'un disegno ben più grande emerge tutta l'inferiorità narrativa, tutta la pesantezza, tutta la macchinosità della letteratura tedesca - almeno di quella del periodo.
L'Enrico di Ofterdingen, per dirlo in due parole, è un libro davvero incredibile che è anche veramente brutto da leggere.

venerdì 3 febbraio 2012

Quote f the WheneverIFuckinFeelLikeIt #6+

Alcuni quote dal recentemente concluso Ivanhoe, tra cui un ottima risposta diplomatica squisitamente British e un paio di interessanti digressioni sul popolo ebraico.

"L'inviato di Tosti", disse, "entrò nella sala senza sbigottirsi dei volti accigliati che lo circondavano, e si inchinò davanti al trono del re Aroldo. 'O re', disse, 'quali condizioni può sperare tuo fratello Tosti se depone le armi e ti domanda la pace?' 'L'amore di un fratello', esclamò il generoso Aroldo, 'e la bella contea del Northumberland!' 'E se Tosti accetterà queste condizioni', continuò il messo, 'quali terre saranno assegnate al suo fedele alleato, Hardrada, re di Norvegia?' 'Sette piedi di terra inglese', rispose fieramente Aroldo, 'o, poichè dicono che Hardrada è un gigante, potremo aggungere altri dodici pollici.' La sala risuonò di acclamazioni e le coppe furono riempite per brindare al norvegese affinchè prendesse al più presto possesso del suo territorio inglese."
- Cedric il Sassone

D'altra parte non era la prima volta che Isaac si era trovato in circostanze così pericolose. Aveva dunque un'esperienza per regolarsi e la speranza di sfuggir dalle mani del cacciatore come già era avvenuto altre volte. Soprattutto aveva dalla sua la indominta ostinazione della sua razza e quella inflessibile decisione con la quale è noto che gli israeliti affrontano i peggiori mali che il potere e la violenza possono infliggere loro, piuttosto che accontentare i loro oppressori dando soddisfazione alle loro richieste.
   
"Volesse il cielo che, versando il mio sangue a goccia a goccia, potessi redimere la cattività di Giuda! Sì, Dio volesse che potesse servire a liberare mio padre e questo suo benefattore dalle catene dell'oppressore! L'orgoglioso cristiano vedrebbe allora se la figlia del popolo eletto da Dio non sarebbe capace di morire impavidamente come una vana fanciulla nazzarena che si vanta della sua discendenza da qualche piccolo capitano dei rozzi e gelati paesi del Nord."
- Rebecca, figlia di Isaac

(da Walter Scott, Ivanhoe)

mercoledì 1 febbraio 2012

Top 5 Dicembre 2011

Io non sono in ritardo. Noooo.


[Cliccar sul titolo del singolo romanzo per leggerne la mia recensione]

5) Stephen King, Shining
Primo approccio a un romanzo kinghiano, Shining s'è rivelato un romanzo prevedibile, lasciato un pò troppo a sè stesso, inutilmente rovinato da continue anticipazioni. Eppure l'ho letto in due giorni e nel mese successivo ho iniziato altri due libri dell'autore - uno dei quali di 1400 pagine.
Tanto male non dev'esser stato.

4) William Shakespeare, Il Mercante di Venezia
Dire d'uno Shakespeare ch'è bello mi sembra banale ed eufemistico, però questo lo è davvero tanto, e vanta un cast di personaggi meravigliosamente grigi (leggasi nè bianchi, nè neri) nonchè riflessioni raziali meravigliose - e decisamente avanti sui tempi.
E poi, non trovate tristemente esilaranti gli ebrei letterari? Quelli che in ogni frase devono inserir un riferimento alle Dodici Tribù, o ad Abramo, o alle Tavole - per evitar il rischio che il lettore li scambi per persone normali?

3) Luigi Pirandello, Il Fu Mattia Pascal
Grande rivalutazione del Pirandello romanziere (sull'autore in generale non ce n'era poi bisogno) con un'opera enormemente introspettiva e sapientemente orchestrata, ma soprattutto scorrevole e bella da leggere (cose che l'altra mia esperienza, chiamata Uno Nessuno, non era poi stata fino in fondo).

2) John Steinbeck, The Grapes of Wrath
Epica (termine incredibilmente poco adatto) saga familiare ambientata ai tempi della Grande Depressione, The Grapes of Wrath è uno dei romanzi più appassionanti, scorrevoli, intelligenti e onesti che io abbia mai letto. All'altezza (come minimo) delle maggiori controparti europee, nella sua precisa e spietata analisi dei meccanismi socio-economici del periodo - e nel raccontare una storia di sofferenza e solidarietà - i Grapes si dimostrano un romanzo come ne esistono pochi, ed è solo la loro conclusione (non brutta... ma circondata da un'aura d'incompletezza) a toglier loro la prima posizione - non certo un posto nell'Olimpo della letteratura.

1) Jonathan Franzen, Le Correzioni
Cosa poteva battere una saga familiare maestosamente umile come i Grapes?
Una saga familiare ancor più maestosamente umile. Anzi, umiliante.
Le Correzioni è un libro meraviglioso e vagamente nauseante. Perchè approfondisce la storia d'una famiglia come mai m'era capitato di leggere, mettendo a nudo i più turpi e perversi meccanismi personali e interpersonali che possono intercorrere tra una coppia, o tra fratelli; e per farlo deve inevitabilmente scavare con una pala spuntata nel fertile terreno della psiche dei protagonisti. Ciò che ne esce, cucinato e servito con uno stile assieme spietato e ironico, è un quadro di egoismi, vendette e sesso-con-mobilia, un quadro che - credeteci! - sà essere anche toccante.
Un manifesto di iperrealismo - in quanto tale inevitabilmente forte, e aldilà di questo incredibilmente ben steso.

sabato 21 gennaio 2012

Flop 0 Dicembre 2011

Lo sò, sono in gran ritardo, ma hey! Gennaio è intenso, e poi le Top/Flop 10 han richiesto un bel pò di tempo.
Le altre volte ho fatto precedere le Top alle Flop, e in futuro farò di nuovo così... stavolta mi concedo un breve post per segnalar un'ambiguità nel mese di Dicembre: non ci sarà Flop 3.

Perchè in effetti io tre titoli li avevo selezionati. Ce li avevo pronti e avrei anche avuto le motivazioni. Però erano tutti e tre veri e propri classici, titoli molto buoni (uno davvero ottimo) il cui unico difetto che mi riuscisse d'indicar era che m'avevan deluso. E quello, pur nell'ottica d'un innocua classifica, almeno per quest'opere m'è parso troppo poco.
Ok, ho lanciato il sasso e non posso nasconder la mano: i libri eran Addio alle Armi, Il Carteggio Aspern e L'Incanto del Lotto 49 (questo, per inciso, era dei tre l'"ottimo"). Capite da voi che, al di là di tutto, inserir tali lavori in una classifica negativa richiede una faccia di bronzo che, spero, ancora non ho.

PS: la Top 5 arriverà. Non prometto il "presto" ma arriverà (come sempre, non concesso che a qualcuno importi). Top 5 abbastanza buona con due punte decisamente a livelli stellari.

domenica 15 gennaio 2012

Flop 10 2011

... Ci è voluto più tempo del previsto!
Il 2011 è stato un anno ricco di letture davvero favolose, ma ahimè, soprattutto nella sua prima parte (diciamo fino a Luglio-Agosto) è stato anche un anno di letture abbondantemente casuali. E' stato in un anno in cui mi capitava d'andar al Libraccio, la Domenica, e di prender su tre o quattro libri per la settimana... scegliendoli magari per l'immagine di copertina, o per il riassunto in quarta d'essa (e, credetemi, sono due metri di giudizio ugualmente insulsi). Il risultato è stata la lettura d'opere anche interessanti (vedi Turow, vedi Benchley, vedi soprattutto Finney) che altrimenti non avrei mai letto... ma ha portato anche a tutta una serie d'acquisti sbagliati e di letture sofferte. C'erano poi opere che magari m'avevan suggerito in molti, che magari mi risultavan addirittura imposte per esami universitari, e che decisamente non sono state all'altezza del proprio hype.
Insomma, quella che segue è la classifica delle 10 opere che più m'hanno fatto storcere il naso quest'anno: opere o brutte, o semplicemente deludenti, o pallose, o magari stupide. Ci troverete anche roba da Canone Occidentale, eh, quindi non spaventatevi troppo, ricordatevi che non è un giudizio assoluto e che comunque è un giudizio personale.
E di quello che penso io, a voi (e lo dico con sincero dubbio e non con spocchia), perchè mai dovrebbe importar qualcosa?
Flop 10!

 
 [cliccare sul titolo del libro per leggerne la mia recensione]

10 - Dmitry Glukhovsky, Metro 2033
Ho desiderato per molti mesi d'addentrarmi nei meandri della metropolitana moscovita post-nucleare, ma a bloccarmi per tanto tempo hanno contribuito due fattori. Inanzitutto il prezzo di questa bara (che ho infatti "acquistato" un bel giorno d'Estate in cui mia sorella era in vena di farmi regali); in secondo il luogo, il fatto che come lettore sono sempre intimidito dai colossi. Inizio un libro lungo (dalle 550-600 pagine in sù) solo quando sono abbastanza sicuro della sua effettiva validità. E faccio bene!, come mi confermano esperienze pessime quali Metro 2033.
Ma cercate di capirmi: le premesse c'erano tutte! Un'ambientazione davvero fascinosa (molto complessa, molto vivace), un clima da survival post-nucleare altamente intrippante e, beh... ok, forse non c'erano proprio tutte tutte tutte.
Quali che fossero, sono state tradite. Il libro è dozzinale ed infantile, l'ambientazione è molto bella (un pò pasticciata) ma sfruttata poco e male e la storia è il trionfo della casualità narrativa e della banalità finale. Se mi soffermassi a ripensar ancora un pò a quest'opera, probabilmente salirebbe in classifica.

9 - Giorgio Celli, Costanza Savini, Morte nei Boschi
Io non è che sia un grande zoofilo, ma - devo ammetterlo - per certi animali ho un vero debole: principalmente dinosauri, squali - e lupi. E questo romanzo ha in copertina un bellissimo lupo.
Sono poi anche un'appassionato "della domenica" di criptozoologia, la dottrina che studia quelle creature che la scienza comune considera inesistenti ma che... vabbè, la scienza che studia i mostri. Vi prego, non smettete di leggere: non sono pazzo e lo sò che (probabilmente...) non esistono. Questo libro, per inciso, parla d'uno dei criptidi più noti e studiati: la Bestia del Gevaudan, una misteriosa creatura ferina (per molti testimoni dell'epoca, un vero lupo feroce, forse mannaro) che sterminò frotte di contadinotte e bambini nella Francia del '700.
Peccato che di lupi, nel libro, non ce ne sia nemmeno uno (davvero: manco per scherzo!) e che l'interpretazione narrativa del fenomeno della bestia venga nettamente azzoppata da una trama non all'altezza, da un'atmosfera ipertetra che risulta in fondo ridicola e da una sostanziale bassezza stilistica.

8 - Edgar Allan Poe, Le Avventure di Gordon Pym
Ok ok ok, piano: i due libri precedenti e quello successivo sono su piani decisamente diversi da questo. Sì, lo scrivo per pararmi il qlo, ma anche perchè lo penso: a differenza delle opere citate, il Gordon Pym non è davvero brutto; è solo mortalmente noioso (a tratti) e frustrantemente inconcludente. Probabilmente, se la ricordo come un'esperienza non tanto bella, è stato per la delusione di scoprir che un'opera tanto apprezzata dal mio amico Lovecraft (che nei suoi saggi si spertica sul Gordon Pym, e che gli ha pure scritto un "seguito spirituale") sia, in fondo in fondo, un qualcosa di trascurabile.

7 - Michael Foster, I Guerrieri dell'Alba
"Che bello, il Libraccio mette in vendita un sacco di libri di Fantascienza Le Nord a 3 euro! Che spettacolo, ora faccio una scorpacciata! Guarda che belle copertine!
[...]
... mh... però degli autori non ne conosco proprio nessuno... e le storie non sembrano questa gran meraviglia... mah, magari ne prendo solo un paio...
[...]
No, proprio non ci riesco. L'unico che mi ispiri un minimo è questo qui. Cià, compriamolo".

... Se tutti i libri presenti quel giorno sono sul livello di quest'inutile tentativo di romanzo sull'eugenetica, allora mi sono salvato da un'investimento fallimentare.

6 - Ray Bradbury, Fahrenheit 451
Ci sono autori che non mi vanno a genio. Autori di cui ho letto diverse (non molte, ma diverse) opere e che riesco ad apprezzare soltanto in parte; e di cui, senz'altro, non mi spiego il successo internazionale. Per questa categoria potrei forse citare Conan Doyle, senz'altro citerei Franz Kafka, altrettanto sicuramente Ray Bradbury.
Laddove Le Cronache Marziane sono una raccolta di racconti solo a tratti valida, e in generale basata su ideali o incredibilmente naive - o semplicemente sbagliati, Fahrenheit è un romanzo distopico solo a tratti (mooolto brevi) effettivamente valido e intelligente, in cui, per tutto il resto dell'opera, si ha la sensazione di trovarsi davanti a un'improbabile paranoia personale - esaltata all'estremo. Nonostante l'originalissima idea di base e il toccante finale, non mi spiego in alcun modo l'eco che ha avuto e continua ad avere - e il paragone con distopie ben più sensate e coi piedi per terra quali i capolavori di Orwell, Huxley & co.


5 - Jack Kerouac, Sulla Strada
Per molti, un testo sacro; un simbolo di ribellione, anticonformismo e libertà.
Per me, la prova scritta che ribellione e anticonformismo non sono per forza belle cose e che la libertà, se vissuta nella sua forma più becera, perde tutto il suo fascino e valore.
All'epoca lo odiai dal profondo (e l'avrei senz'altro messo 2°), "a freddo" forse l'ho un pochino rivalutato - ma resta uno dei libri più insensati, noiosi e fastidiosi ch'io abbia mai letto. Ancora più seccante in considerazione dello spreco d'una prima parte decisamente valida e intrigante.

4 - Arthur Conan Doyle, Il Segno dei Quattro
Io e Conan Doyle non siamo grandi amici, ed è un peccato, per la sua importanza storico-culturale e per il sostanziale fascino che trasuda dalle sue opere... finchè le si osserva "da fuori". Se però con i racconti del Professor Challanger sono in fondo riuscito a divertirmi molto (Il Mondo Perduto in particolare è un ottimo esempio di romanzo completo), diversamente devo dir del ben più noto Sherlock Holmes. I due romanzi che ho letto sul Re degli investigatori sono entrambi piuttosto noiosi, eccessivamente macchinosi, non particolarmente brillanti e generalmente bruttini. Laddove però lo Studio in Rosso recuperava qualcosa grazie a un retroscena interessante, qui d'avvincente non c'è praticamente nulla.
Assolutamente al di sotto della media contemporanea del genere. Mi si dirà che è un paragone un pò bischero, dato che qui siamo proprio alla sua nascita - ma hey!, lo eravamo anche nella Rou Morgue, e lì mi sono divertito un sacco.

3 - Thomas More, Utopia
Spesso quando mi si chiede un giudizio su un libro, e io rispondo "beh, è un incredibile mattone", capita che la gente mi guardi stralunata rispondendomi "ma non è mica lungo! E' un libricino così!".
Essere un mattone non vuol mica dir esser grossi (anche perchè dovrebbe esser un'iperbole, e buona parte delle mattonelle non è mica grossa quanto, chessò, Infinite Jest); vuol dir essere pesanti. Vuol dir essere difficili da comprendere, esser scritti in modo da rallentar al massimo la lettura - e spesso queste caratteristiche s'associano a libri profondi e intelligenti - ma a volte... beh, no.
L'Utopia ne è l'esempio archetipico, libricino di neanche duecento pagine che richiede più impegno dei colossi tolstojani. E no, come avrete già capito, non lo considero un impegno ben speso.
A livello stilistico semplicemente improponibile (e di nuovo: no, non è una semplice questione d'età), a livello narrativo completamente insulsa, risulta invece interessante per le idee proposte - interessante, ma non valida e neanche troppo intelligente, almeno da qualche secolo a questa parte. Anzi, in questo, pure piuttosto allucinante.
Valore storico medio-alto, valore letterario infimo, oramai.

2 - Franz Kafka, Il Processo
Tutti i libri qui presenti (tranne quello che segue Il Processo) meritano il mio rispetto; lo meritano perchè sono storie (magari anche vissute) che senz'altro hanno fatto soffrire, patire e gioire i propri autori oltre ogni dire. Sono storie, e le storie in questo sono come le persone: salvo eccezioni (più rare di quanto si pensi), una storia può fare schifo - anche schifo marcio - ma c'è comunque in lei qualcosa di basilare, qualcosa di intrinseco, che la rende meritevole d'un briciolo di rispetto.
Il Processo però merita una particolare dose di quel rispetto perchè è palesemente un libro dalla fortissima carica personale, uno che, credo, abbia fatto soffrire e patire (gioire, non saprei) il suo autore davvero, davvero tanto. Il Processo è anche un libro scritto con uno stile che (per quanto allucinato) riesce a trasmettere una fortissima ansia claustrofobica; ed ha uno dei finali più belli che abbia mai letto.
Ahimè, per il resto è un fallimento. Non ha una vera trama, viaggia su una costante ambiguità tra plausibile, allegorico e onirico e - nel complesso - mi risulta quasi difficile considerarlo un libro vero, e il perchè è ovvio: non è finito! Quindi forse, e dico forse, parte di questo giudizio va non tanto al vecchio Kafka, quanto a chi si è detto "lui non voleva che venisse pubblicato... massì, si fotta! Mettiamo qualche nota qui e la e ricaviamoci qualcosa".


Eccoci giunti in fondo, eccoci giunti al nostro Lucifero. Spero che, se qualcuno ha in effetti letto questa classifica, nessuno se la sia presa per ciò che ho scritto (perchè sì, non bisognerebbe mai prendersela di fronte alle opinioni personali, ma a me capita spesso di mugugnar davanti ad alcune). Vorrei specificare che, per ognuna di queste opere, per tutte dalla prima all'ultima, da quella stupidaggine dozzinale dei Guerrieri dell'Alba a quell'improponibile mattone dell'Utopia, non - ripeto: non! - mi sono pentito d'averle lette. Perchè hey!, tutte le esperienze sono formative, e in fondo in fondo anche i brutti libri insegnano qualcosa (fosse soltanto: "Prima d'acquistare, pensa, idiota"). L'unica eccezione è il libro che segue, che non per niente - dei dieci - è l'unico che ho rivenduto.
Ringraziandovi per aver letto questa pappardella (sempre che esistiate, misteriosi lettori), vi lascio al numero

1 - Pietrangelo Buttafuoco, Le Uova del Drago
Magari mentre dormivo è cambiato qualcosa, ma - l'ultima volta che ho controllato - l'apologia di fascismo in Italia era reato.

Quote of the Week #5

John Grady scostò il lenzuolo, si voltò su un fianco, si alzò in piedi e cominciò a camminare su e giù lasciando sulle pietre lucide qualche orma umida che svaniva immediatamente come la storia del mondo.
(da Cormac McCarthy, Cavalli Selvaggi)

(perchè quando hai stile non ti servono astronavi o guerre o saghe familiari, ti basta un ragazzo che cammina in una cella)

sabato 7 gennaio 2012

Quote of the Week #4

"I diavoli non esistono, mio caro. E se esistono somigliano di certo agli europei".
-Capitano J. van Toch
(da Karel Capek, La Guerra delle Salamandre)

PS: se a qualcuno interessa... beh, la flop 10 2011 (come pure Top e Flop dello scorso Dicembre) arriveranno presto!

domenica 1 gennaio 2012

Top 10 2011

Il 2011 è stato un anno straordinario (fin'ora senz'altro il più importante della mia vita), per tutta una serie di ragioni di cui non starò qui a far l'elenco (anche perchè dubito freghi qualcosa a qualcuno). Fra le altre cose è stato l'anno in cui ho abbandonato, pressocchè del tutto, molte delle mie passioni (alcune delle quali coltivate da dieci, quindici anni - ossia da sempre), per abbracciarne ed essere completamente assorbito da una sola, la Letteratura.
Non ho mai letto tanto come nel 2011. E' possibile che abbia letto in quest'anno (in realtà, nel periodo che va da Marzo in poi) più libri di tutti quelli dei vent'anni precedenti messi insieme. Sono passato dall'essere un "casual reader" al prestar più attenzione alla scelta delle mie letture, ad arrivar a far testa-o-croce per decider quale libro iniziare fra quelli sul comodino.
Leitmotiv di quest'anno è stato, probabilmente, il desiderio di "mettersi in pari". Di leggere, insomma, tutti quei libroni che sono alla base della Letteratura mondiale, in ambito storico o contemporaneo, e i Classici (per definizione) l'hanno fatta inevitabilmente da padroni; almeno fino all'Autunno-Inverno, e alla nuova passione per il postmoderno e per la Letteratura Americana Contemporanea.
Ok ho parlato troppo. Ci tengo solo a precisare che
- 10 libri sono davvero pochi, e restano esclusi dalla lista autori che ho amato alla follia (per dirne due, Wells e Conrad) e libri che senz'altro non dimenticherò facilmente.
- Ho cercato di giudicar le mie letture in maniera equilibrata. Ho scelto quelle che mi sono parse più significative, più belle, più profonde, migliori. Mah... la verità è che non lo sò bene nemmeno io, come ho scelto.
Top 10!


 [cliccare sul titolo del libro per leggerne la mia recensione]

Io sono un prosaiolo convinto, un romanzista radicale, un fondamentalista della narrazione. Non per particolari convinzioni letterario-filosofiche, ma semplicemente perchè considero la prosa sciolta (in realtà, il più sciolta possibile) il mezzo ideale per una narrazione efficace; e, come detto, la narrazione è ciò che mi interessa del mondo letterario. Che cavolo ci fa, dunque, un poeta in top 10?
Su Yeats verteva il corso di Letteratura Inglese del mio primo anno di laurea triennale, e per preparar tale esame ho praticamente vissuto il mese d'Agosto a contatto con questo libro. Ho imparato ad approfondire l'opera dell'autore, a capirne le posizioni, gli ideali e la visione del mondo... almeno un pochettino. Sarà perchè nemmeno io sono immune al fascino di certa poesia, e quella di Yeats è davvero bella; sarà perchè, almeno in parte, mi ci ritrovo in quest'irlandesotto occhialuto; sarà per una qualche forma di sindrome di Stoccolma, non me la son sentita d'escluderlo dalla classifica.

Non è mai troppo tardi per apprezzare il miglior Verne. Non solo le Ventimila Leghe sono, con ogni probabilità, il capolavoro del suo autore; non solo sono forse il miglior racconto d'avventura mai scritto; ma costituiscono uno dei rari e preziosi esempi di romanzo completo, di libro in cui una storia divertente, appassionante ed intrigante sostiene una riflessione profonda e intelligente e un approfondimento di tutto rispetto. Per la sua spettacolare ambientazione, per il suo carico d'azione e per la maestosa figura di quel moderno Ulisse che è il capitano Nemo, le Ventimila Leghe meritano d'entrar in classifica; se avessi scelto di giudicar solo “con la pancia”, sarebbero probabilmente state sul podio.

Ripensandoci adesso, ciò che mi ha spinto ad approcciar quest'opera dev'esser stata una geniale intuizione, una smania di completezza o un'attacco di follia. Sono infatti un tipo piuttosto restio ad iniziar romanzi lunghi (oltre le 500 pagine) se privo della convinzione che si riveleranno bei libri; e tutti gli indizi, coi Promessi Sposi, puntavano al no (non ultimo l'odio che innumerevoli generazioni han riversato sull'opera in età liceale).
E invece ho fatto bene, perchè I Promessi Sposi è un romanzo avvincente e mai banale, scritto con la giusta dose d'ironia - ma capace anche della giusta intensità, nei passaggi determinanti. E' un libro in cui all'intera trama è sottesa una precisa visione del mondo (per quanto antiquata) e in questa sua genialità architettonica è raggiunto, in Italia, dal solo Ciclo dei Vinti.

Mio primo approccio con l'autore, Non è un Paese per Vecchi è stata un'esperienza folgorante e meravigliosa. Raramente ho incontrato un libro caratterizzato da una così forte dose di realismo, da una così alta fedeltà alla realtà più brutale, da una così completa mancanza di speranze ed illusioni - eppure capace d'evocar così tanta bellezza, così tanta bontà e sensibilità. Indimenticabili le riflessioni in corsivo, su una d'esse m'incantai letteralmente - passando una sera intera a rilegger lo stesso paragrafo. Un'esperienza indimenticabile - oltre che un bellissimo thriller dal sapore di West.

Metter i Dubliners fuori dalla top 5 mi par un crimine, ma può dar un'idea della qualità delle letture che, per mia fortuna, ho potuto intraprendere quest'anno. Dipinto iperrealista, a tratti brutale ma sempre disarmante, della mentalità europea nella società d'inizio secolo; e al contempo qualcosa di diverso, e superiore. Non esagero se affermo che il suo racconto conclusivo, il celebre The Dead, riesce in una manciata di pagine ad affrescare l'intero meccanismo della vita umana (sfida, lotta, trionfo, delusione), costituendo a conti fatti forse il miglior testo in prosa ch'abbia mai affrontato.


Colossale romanzo storico sulla Guerra Fredda, capace d'evocar un'immensa epicità - ma generalmente connotato da un netto e brutale realismo, Underworld avrebbe tutte le carte in regola per essere il mio romanzo preferito - parla di America, Guerra Fredda e Baseball, tutte cose che amo (la Guerra Fredda... non pensate male). Non lo è, perchè nella sua volontà totalizzante - la volontà di dare una voce a un'epoca chiave della storia umana - Underworld si concentra unicamente sugli aspetti più turpi e meschini di tale storia, in un'epopea che è il trionfo dello squallore, della disonestà, dell'orrore, della guerra e dell'inganno. Ma in questo, riesce al meglio dell'umanamente  possibile. Un romanzo scritto meravigliosamente, complicato in maniera geniale, e a tratti semplicemente splendido.

La "grande follia" dello scorso Agosto: l'Ulysses in inglese. L'esperienza mi ha quasi ucciso, ma ne è valsa decisamente la pena: senza dilungarmi, l'Ulysses è nettamente il romanzo più geniale che io abbia letto, il libro scritto meglio che mi sia capitato tra le mani e l'opera d'arte più "densa" a cui io riesca a pensare. La grande difficoltà (data dall'elevata cripticità) ne azzoppa la lettura, e la sostanziale banalità di fondo della vicenda rischiano di risultar, a tratti, frustranti (com'è pur frustrante legger un libro di cui, chiaramente, si stà capedo una parola ogni due e un accenno ogni cinque). Il mio è un giudizio assolutamente non-definitivo, e mi piacerebbe in un prossimo futuro rileggerlo dedicandovi il dovuto tempo (come minimo, molti mesi).

Il posto più basso d'un podio ch'è in realtà assai omogeneo non poteva non appartenere al mio romanziere preferito e a quello che è (forse) il suo capolavoro. Ormai da molti mesi mi pongo questa domanda, ossia quale delle due opere (compiute) del Ciclo dei Vinti io preferisca; e la risposta, probabilmente, non esiste. Perchè il Mastro-Don Gesualdo è il proseguimento sensato, lineare e inevitabile delle vicende di 'Ntoni Malavoglia, del suo desiderio di riscatto (che è puro will of power) destinato ad esser frustrato dalle avversità, dal destino, dall'ingiustizia di questo mondo. Dove I Malavoglia erano soprattutto (ma non solo) una metafora del distacco adolescenziale, il Mastro-Don lo è della crescita e dell'invecchiamento, dell'ascesa e della caduta che ogni uomo si trova ad affrontare - e che gli uomini più intraprendenti soffrono con maggior dolore. Un libro letteralmente perfetto.

"A novelist who is also a true poet", è scritto sul retro dell'edizione Penguin dei libri di Steinbeck, ed è una dicitura che m'ha sempre lasciato perplesso. Perchè da prosista convinto (vedi Major Works) la consideravo vagamente offensiva, neanche esistesse un rapporto gerarchico tra i generi. Eppure, leggendo l'opera di Steinbeck ci si accorge come ci sia del vero in quelle parole. Come altro esprimere la terribile alchimia che regola queste poche, auree pagine, quel misterioso equilibrio tra realismo e sogno, tra brutalità e meraviglia, tra l'orrore della vita vera e la bellezza incontaminata delle emozioni e della fantasia?
Il romanzo più toccante che io abbia mai letto e senz'altro quello che, pensando al solo piacere della lettura, ho più apprezzato quest'anno.

Ho letto il Don Chisciotte perchè costretto: era nel programma d'esame di Letterature Comparate. L'ho letto dicendomi "ok Mattia, sul comodino ti aspetta il Mastro-Don (pensate che bello, due capolavori uno-dietro-l'altro), ma prima devi leggerti questo: ce la puoi fare in due settimane".
E ce l'ho fatta. Forse oggi non mi peserebbe così tanto (ho preso un ritmo di lettura diverso), ma all'epoca - scorso Marzo - fu davvero dura. In treno, sul divano, al parco, a letto, consumai quest'opera in una corsa con me stesso vinta con un giorno d'anticipo. Ed è stato meraviglioso.
Il Don Chisciotte è un romanzo intelligente, è vero; è una fantastica riflessione, è vero; è un importante documento storico e di costume; ma è anche e sopratutto il
primo
bel
libro
della storia. Non prendiamoci in giro, leggere l'Iliade &co. può esser bello ma non è la stessa cosa. Questo è un romanzo, è un romanzo occidentale in accezione moderna, e non è solo uno dei primi - è anche uno dei migliori. Non ho mai trovato libro più divertente, e raramente mi sono imbattuto in personaggi meglio caratterizzati. Al termine delle due settimane ero contento d'avercela fatta; ma ero, insieme, profondamente rattristato dal distacco con l'opera. Il che, frasi fatte a parte, a me non succede poi tanto spesso.
Probabilmente il libro che m'ha fatto capir quanto sian importanti per me i libri, e per questo si merita senz'altro la prima posizione sul podio.